
Urla, tamburi e gong, danze di maschere, leoni e dragoni, pentoloni di cibo, una sorta di anarchia visiva e sonora, un vortice di confusione.


Siamo all’inizio di una lunga e rumorosa settimana di celebrazioni in onore di una delle divinità più celebrate di Taiwan: Matsu, dea dei pescatori e dei marinai (considerata oggi madre di tutti gli dèi), è arrivata qui con i primi migranti della Cina continentale che per ringraziarla della protezione concessa durante il viaggio le hanno dedicato più di mille templi.
Il più famoso è quello di Beigang, dove ci troviamo in questo momento. La prima volta che sentimmo parlare di questa celebrazione fu esattamente un anno fa, in Turchia, quando incontrammo Joseph e Niddle, una coppia di taiwanesi che ci parlarono così bene di quest’isola da decidere di includerla nel nostro giro del mondo. Non potevamo immaginare che ci avrebbero perfino prestato le loro biciclette e che alla fine avremmo fatto la nostra prima esperienza di cicloturismo per più di un mese, ma alla fine eccoci qua, con i primi 250km sulle gambe.
Ci avviciniamo al tempio, il caldo è di quelli che sciolgono, intorno è pieno di gente di tutte le età: chi mangia, chi beve, chi fuma e chi schiuma rosso dalla bocca per il betel. Il fumo degli incensi bruciati inizia a farsi più penetrante, ma è solo quando siamo prossimi all’entrata che la nuvola densa e assordante dei petardi diventa un muro che ci fa retrocedere.
Il flusso della gente cambia improvvisamente direzione e sembra di essere in una scena di guerriglia. Matsu sta entrando nel tempio e sono proprio il fumo e il rumore delle esplosioni – che allontanano i demoni e le energie negative – che danno il benvenuto ad una delle tante statue della dea. Una processione che miscela il sacro e il profano, a metà tra la festa per San Gennaro a Napoli e il Carnevale di Viareggio: statue di Matsu trasportate su palanchini da devoti al suono di tamburi si mescolano a carri da cui bambine e bambini truccati lanciano caramelle e dolciumi a suon di techno o di qualche hit commerciale.
Audaci ragazzi vestiti con divise tigrate – qui a Beigang il dio tigre ha molti più seguaci di quanti ne abbia nel resto di Taiwan – esplodono centinaia di petardi ai loro piedi mentre fedeli con maschere di leone improvvisano danze e un medium impossessato da un non meglio precisato dio si colpisce con una spada per dimostrare la sua superiorità divina al dolore.
Le statue di Matsu presenti nei templi minori vengono portate a Beigang in questo periodo in particolare per “ricaricarsi” di energia divina per l’anno a seguire. Uno dei riti più particolari a cui abbiamo assistito prevede l’inserimento – da parte di un sacerdote – di una vespa (viva) e di cenere all’interno della statua: si ritiene che questo dia nuova vita al dio e che il veleno della vespa renda il legno di cui è fatta più resistente.
Salutiamo i genitori di Joshep da cui siamo stati ospiti per due notti e ci rimettiamo in sella. Decidiamo di allungare di parecchi chilometri e inerpicarci verso il monte Alishan – che mai raggiungeremo per il terrore delle folle turistiche del week end – e così facendo iniziamo a scoprire finalmente una Taiwan fatta non solo di cemento e capannoni intramezzati da campi di riso e allevamenti di maiali e polli.
E’ strano ed entusiasmante poter partire senza dover aspettare un passaggio o comprare un biglietto: dalla prima pedalata abbiamo scoperto una nuova veste del viaggio, inaspettata, più lenta e faticosa, ma che ti fa guardare più a fondo quello che scorre.
Quando raggiungiamo Tainan, la capitale gastronomica di Taiwan, la nostra amica Niddle ci scorrazza tra bancarelle, ristoranti e templi soddisfacendo brillantemente tutte le nostre curiosità e spiegandoci che Matsu a parte, il caotico pantheon taoista include un’infinità di dèi, ognuno incaricato di risolvere specifici problemi o dare protezione in un determinato campo, ed ad ognuno di essi è dedicato un tempio o almeno un area di esso.
La scena più comune a cui capita di assistere è quella di “comunicazione” diretta con la divinità: il fedele che abbia qualsiasi domanda da rivolgere, lancia in terra due mezzelune di legno e in base a come queste cadono ha la risposta. I più scrupolosi considerano però attendibile il risultato solo se per tre volte di fila ricevono la stessa risposta.
Lo stesso identico metodo è utilizzato anche per comunicare con gli antenati, che ricoprono un ruolo fondamentale nella vita dei taiwanesi e ai quali vi si rivolge per chiedere consigli e autorizzazioni, questa volta non nel tempio ma comodamente da casa.
Fiori, frutta, soldi finti (e ultimamente anche iPhone di carta) sono solo degli esempi di offerte che si portano nei templi, perché le divinità hanno in fondo i nostri stessi bisogni. Stessa cosa vale per i defunti: durante la veglia funebre – che dura una settimana – vicino al corpo viene allestita una casa di cartone, una riproduzione idilliaca e lussuosa con anche guardiano e maggiordomo e un “set” di cibo (vero). Secondo la credenza, nei primi sei giorni l’anima prende e porta con sè tutto ciò di cui avrà bisogno nell’aldilà e il settimo giorno si puo procedere con il funerale. In questo ultimo giorno, casa, soldi, iPhone finti e computer di carta vengono bruciati, mentre il cibo viene spartito tra i familiari.
Ah, il cibo! E noi che pensavamo che solo gli italiani fossero fieri delle loro pietanze! Torta di sangue di maiale, zampe di gallina, zuppa di sangue d’anatra, tendini di maiale, tofu puzzolente, uova fermentate…Quella che potrebbe sembrare una formula per qualche sortilegio, sono invece i piatti forti della cucina taiwanese.. Ovviamente non solo questo, ma avendo nutrito per mesi grandi aspettative (persino in Giappone ne millantavano le prelibatezze) non possiamo nascondere che inizialmente non sapevamo come districarci tra le varie offerte, ma piano piano, come sempre, abbiamo imparato ad apprezzarne alcuni piatti – fino a diventarne quasi dipendenti – come i “ma-jiang mien” ovvero noodles alla salsa di sesamo, ravioli di verdure e funghi con ginger, tofu di ogni qualita (alla fine anche lo “stinky tofu” è entrato nelle nostre grazie), pancake di scalogno e torta di ananas.