Pensavamo che il greco fosse difficile, ma appena varcata la soglia turca abbiamo capito il perché nella nostra lingua “parlare turco” è sinonimo di “parlare incomprensibile”. Meno male che 👍 è universale e così un furgoncino che vendeva tamburi si è fermato. Abbiamo cercato inutilmente di capire cosa volesse dirci e del perché fosse titubante nel caricarci ma alla fine ci ha fatto cenno di salire. Solo dopo 300 metri e altrettanti sorrisi dallo specchietto retrovisore, quando ha alzato le braccia e unito le punte delle dita creando una sorta di triangolo sopra la testa abbiamo capito perché si era fermato: lui era arrivato a casa.
Questa volta abbiamo sì fatto un passo indietro, ma non di secoli visitando monasteri o rovine antiche, solo di una dozzina d’anni. Ospitati dalla mitica Konstantina e accolti a braccia aperte da tutti i suoi amici, abbiamo passato due giorni – o meglio, due serate – in loro compagnia e sentendoci ancora un po’ ventenni. Abbiamo imparato che qui ancora si ascolta musica tradizionale (rebetiko) bevendo tsipuro, che una brocchetta di tsipuro costa solo due euro e che anche quando a farla da padrona in tavola è un piatto di carbonara lo tsipuro non manca comunque.
Siamo in una terra di mezzo, si iniziano a vedere – e sentire – i primi accenni della cultura musulmana. Certe donne hanno il capo coperto e all’ora della preghiera il canto del muezzin risuona per le vie della città. Possiamo dire ci sentiamo pronti per la Turchia.. E allora andiamo!!
Se dovessimo definire con una sola parola Thessaloniki diremmo “simpatica”.
Si perché l’accozzaglia di rovine antiche e palazzine anni ’60 mai restaurate, grassi cani randagi che si aggirano per strade dissestate – e tutto questo sotto un cielo plumbeo e una pioggia incessante – fanno si che “bella” non sia proprio l’aggettivo che le si addice di più.
In compenso si respira un’aria frizzante e rilassata, i locali sono sempre pieni e le mille “tabepne” servono cibo squisito e a buon prezzo. Se a tutto questo aggiungiamo che siamo stati ospitati egregiamente da Zoe e dal suo cagnolino Robin, possiamo dire che i nostri giorni in questa città siano stati super. Spinaci con ceci 2€, insalata di fagioli 1€ e insalata di barbabietola 1€
Bill felice si fa una birra prima di rientrare a Trikala
Kalambaka-Trikala 25km
Neanche il tempo di arrivare sulla strada principale, primo accenno di pollice quasi svogliato e… una macchina si ferma in mezzo alla strada, no dico, in mezzo! Al volante un ragazzo orientale, a lato la madre e dietro moglie con bimbo in fasce: ci caricano!!! Bene. Dentro fa un caldo tropicale inverosimile e lo spazio vitale è davvero poco ma fuori piove quindi non ci lamentiamo. Lui spara battute agghiaccianti a raffica accompagnate da una risata da cartone animato che non può non essere che contagiosa, ma dietro quella faccia da bonaccione si nasconde un cazzutissimo maestro di kung-fu scappato dalla Cina per non pagare la multa salata che spetta a chi prolifera troppo, e lui di figli ne ha tre. La madre-nonna ogni tanto si gira per sorridere al nipote che invece ha occhi solo per noi e dal suo rotondo perfetto ci scruta con aria dubbiosa. La moglie ci fa qualche sorrisino, poi si addormenta a bocca aperta. Trikala-Larissa 60km
Mezz’ora sotto la pioggia incessante. La sensazione è quella di essere invisibili. Proviamo con cartelli, con mani giunte, con sorrisi ma nulla. L’unico che si ferma è un vecchietto raggrinzito alla guida di un “pick-up” con solo due posti a sedere, ma ci fa capire che non va nella nostra direzione. Vabbè
Passano altri venti minuti, stiamo per demordere ma ecco il colpo di scena: ricompare Bill – così si chiama l’arzillo – e col suo sorriso mono-dente afferma che vuole portarci a Larissa, anche se ad un uomo lì per caso continua a dire che ci avrebbe portato da un’altra parte! Ci strizza l’occhio e suggerisce di reggergli il gioco.. Un po’ titubanti decidiamo di salire, lui non parla inglese ma parla un sacco. Ticchettando l’indice sulla tempia e dicendo “Bill trilos!!” capiamo di essere nelle mani di un pazzo. Molto bene. Ripartiamo e la direzione è quella giusta! In tre davanti come sardine e i nostri zaini caricati dietro. Il resto è pura delirante poesia!
https://m.youtube.com/watch?v=XAD8Omr9bpo
Arriviamo infine in stazione e, dopo averci messo in guardia su possibili poliziotti in borghese che ci starebbero spiando (teoria paranoico-complottistica che ci ha fatto capire perché avesse depistato il passante sulla nostra direzione) ci saluta come amici di vecchia data stampandoci quattro baci sulle guance!
“You, veryvery friend!”
Lui tornava a Trikala, felice di aver passato qualche ora con noi. Noi lo ringraziamo di cuore!
Qui la natura ha dato il meglio di sé: le rocce erose dal vento e dall’acqua si sono trasformate in buffi pinnacoli e sono proprio le cime frastagliate ad essere state scelte centinaia di anni fa come luogo di eremitismo dai monaci. Purtroppo le comode strade asfaltate e le bancarelle di oggetti religiosi hanno trasformate le Meteore in scontate attrazioni turistiche poco affascinanti. Fortunatamente la nostra voglia di esplorare e arrampicarci su tutto ci ha portato a trovare sentieri poco battuti e qualche angolo da cui si può godere ancora di quella ammirazione incredula per un luogo a dir poco fiabesco. Sembra quasi impossibile che la gente possa condurre una vita normale ai piedi di questi enormi monoliti senza passare la giornata in contemplazione!
Un po’ affaticati e con qualche vescica siamo ripartiti è risaliti verso l’uscita dal canyon: unici segni di vita una famiglia di cinghiali che, dopo averci tagliato la strada, ha attraversato con molta più convinzione di quanto avessimo avuto noi il torrente per inerpicarsi sull’altra riva. Arrivati stremati a Monodendri abbiamo poi scoperto che non c’era nessun mezzo pubblico per rientrare a Ioannina, la città da cui eravamo partiti 3 giorni prima. Di nuovo sacco sulle spalle e di nuovo sulla strada: dopo un’ora e mezza di asfalto finalmente un buon uomo impietosito – e fortunatamente diretto proprio alla nostra meta – ci ha caricati.
Momento di impotente tristezza quando il cane che ci aveva accompagnato nel nostro mesto e supplicante andare ha iniziato a rincorrere l’auto sulla quale eravamo saliti…
non precisati ma decisamente molti i metri di dislivello
7 i gradi centigradi del torrente che abbiamo dovuto guadare mezzi nudi
Zagorohoria: una regione montana cosparsa di antichi villaggi di pastori collegati da una vasta rete di sentieri che attraversano gole profonde. Come resistere? Sottovalutando il fatto che qui non sono precisi come gli Svizzeri, ci siamo addentrati in questa zona. E così, dopo un bel sali-scendi sui rilievi dell’altipiano e dopo aver comprato mezzo kg di feta, ci siamo avviati verso il fondo della gola di Vikos – apparentemente la più profonda del mondo – seguendo il sentiero che tutti ci avevano consigliato e che appariva perfino nella nostra mappa in bianco e nero. È vero che le nostre intenzioni iniziali erano di affrontare un passo a 2000m coperto di neve salendo dalla parete nord – e siamo stati persuasi a non farlo – ma immergersi fino alla vita nell’acqua ghiacciata non era proprio il nostro intento!
Ma come si dice, “non tutti i mali vengono per nuocere”, e tutto sommato quell’acqua gelida e l’adrenalina ci hanno ridato quel poco di forze per montare la tenda e preparaci la cena davanti al fuoco.
Infilarsi nel sacco a pelo caldo e dormire 12 ore è stato davvero un lieto fine.
KlidoniaVillaggio di PapingoGola di VikosPrima del bagnetto
Risalendo il fiume per non molti km ma forse di qualche secolo siamo arrivati al monastero Stomiou dove l’incontro con gli unici due monaci che vi dimorano è stato un assaggio dell’ascetismo e del misticismo che probabilmente ritroveremo molte volte nel nostro viaggio.
Avrebbe dovuto essere una passeggiata, ma complice la pioggia e il sentiero dissestato dalle ultime piene siamo rientrati in paese col buio, affamati e con le gambe a pezzi. Per fortuna una macchina tipo Matiz con a bordo un’intera famiglia si è fermata al segnale dei nostri pollici: nonostante l’affollamento dell’abitacolo e il 20% di pendenza delle strade non si sono fatti scoraggiare e ci hanno caricato. Il mix letale del fumo della loro Marlboro e dei nostri vapori corporei ha trasformato i finestrini in lavagne per la gioia dei loro tre figlioletti. Efharistò!!
Fiume Aoos Ponte di Konitsa
Cappella del monastero Il nostro appartamentino I ragazzi che ci hanno portato da Ioannina a Konitsa