Isfahan non ci mette molto a conquistarci. l’atmosfera nella quale ci imbattiamo inaspettatamente la rende davvero unica: giovani studenti iraniani pronti a scappare verso qualche università straniera (usa, india, germania), backpackers e viaggiatori in arrivo dal Kyrgystan o diretti verso l’India – chi in viaggio da 6 mesi chi da 2 anni – si ritrovano nel movimentato quartiere armeno a sorseggiare succhi di carota o melone, o sotto gli archi del ponte a guardare il tramonto o distesi su un prato lungo il fiume per mangiare samosa o felafel.

A ricordarci che siamo in Iran ci pensa il divieto di noleggio di biciclette per le donne e l’impossibilita di sederci ad uno stesso tavolo con i nostri amici iraniani in una sala da tè (uomini e donne non legati da parentela cosi vicini??!! Scherziamo?!) .
Ma l’incalzante ritmo dettato dai vari appuntamenti con la movida dei viaggiatori e dalla maratona dei monumenti cittadini nella giornata nazionale della cultura (ovvero free entry) ci fanno dimenticare le restrizioni dittatoriali, al punto che i due giorni previsti diventano quattro e che la ricordiamo come la città più bella dell’Iran.