Lasciamo la calda Kerman per dirigerci in macchina verso la zona desertica dei Kaluts. La strada si inerpica piano piano tra le montagne e quando usciamo dal tunnel la temperatura è fresca – o per lo meno non fa caldo come in città – e il verde non manca: ma non eravamo diretti verso il deserto dove si registrano le temperature più alte di tutto il mondo (68°)?
La luce è quella del crepuscolo, man mano che proseguiamo l’aria diventa sempre più torrida e polverosa, il sole è tramontato ma la mano fuori dal finestrino sembra non avvertire alcuna brezza serale, anzi. Scendiamo dalla macchina e siamo increduli e straniti: è buio, notte, eppure quello che percepiamo è il calore del mezzogiorno delle nostre giornate d’estate.
Facciamo a piedi qualche centinaio di metri per trovare una sella piatta su una di quelle strane forme di argilla e sabbia che si distinguono in lontananza grazie ad una luna la cui luce si fa strada in quell’aria densa. Ci fermiamo e sudiamo.
Con il passare delle ore il vento aumenta e la sabbia penetra ovunque. Lottando contro un Eolo impazzito riusciamo a montare la tenda e metterci al riparo, mentre tra noi c’e qualcuno che giura di aver visto un genio (fantasma) girovagare e preferisce soccombere alla tempesta piuttosto che percorrere solitario il tratto fino all’auto dove troverebbe riparo.
Il risveglio è fiabesco, quello che si intravedeva al chiarore di luna, con la luce dell’alba è una meravigliosa sorpresa.
Ore 9.00, meglio ritornare alla civiltà prima che la canicola ci sciolga.