Diciamo che non ci aspettavamo un gap così forte. Dopo un mese di proibizionismo ora ci sembra tutto assurdo, o probabilmente lo è.
Dopo il primo fresco impatto con donne colorate e dai colli scoperti sul passo della dogana scendiamo verso un surreale e torrido ricco e bianco modellino di città in scala reale.
Tutto è ordinato, splendente, marmo e verde, desolato e opulento, esaltazione del capo e dei capi in puro stile sovietico dittatoriale.
Intorno è il deserto, ancora più torrido, abitato da cammelli e capre, inaspettate mucche vicino a qualche pozza d’acqua, villaggi coperti di sabbia e qualche yurta. La strada è dissestata e il nostro Toyota van tra tanti, corre a più non posso ora sulla destra ora sulla sinistra quasi a sfidare chi viene incontro.
A metà della strada e del tempo a nostra disposizione, tra una dogana d’entrata e una d’uscita, c’è una voragine di fiamme. La contrattazione con il pilota di Uaz parte dal presupposto che a quell’ora non ci sono altri clienti e spuntiamo un buon prezzo… Poi sono ore in mezzo al deserto e vicino al cratere, soli, con una visita di poliziotti che ci intima a non fare foto. Sisi va bene… All’avvicinarsi del tramonto quella calamita rossa col deserto intorno diventa il centro del turismo turkmeno, ci sono almeno 30 tra americani olandesi cinesi etc pronti ad accamparsi.

Grazie al nostro host di Ashgabat, abbiamo un turkmeno ed un uzbeko ad aspettarci a Dashogus come accompagnatori. Visitiamo i resti di Konye Urgench passando come dipendenti di una ditta italoturkmena e non paghiamo e la cosa rende il tutto più divertente. Due spaghi, un pisolo, un giro in città, un bel piatto uzbeko e finalmente birra!

che posti incredibili state attraversando!! sento sulla pelle il caldo torrido che descrivete!
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