Il mare di Mardin 

Arriviamo la sera in questa cittadina arroccata su una collina e ad aspettarci c’è Betul, una maestra di inglese originaria di Istambul che da poco si è trasferita in questa regione. Condividiamo la casa con altri due couchsurfer di Taiwan, che diventeranno poi i nostri compagni di viaggio per qualche giorno.

  

Çay (nel thermos) con vista
   
Quando in primavera le campagne si riempiono di fiori blu, ecco allora che sembra veramente “il mare di Mardin”

La nostra interminabile giornata inizia con un giro nel bazar, dove asini variopinti trasportano merci e dove compriamo mandorle acerbe da sgranocchiare. Due teen-agers siriani ci fanno da scorta e con il linguaggio del corpo scopriamo che una sorta di fabbro produce bende con oppio per curare i dolori. Entriamo in una piccola moschea e il nostro nuovo amico ci canta una lettura del Corano che parla di Maria. Teoricamente ci converte all’islam facendoci ripetere qualcosa, ma ormai siamo troppo lontani da pregiudizi per rifiutare. Sarebbe come dire no ad un bambino che vuole mostrarti fiero il suo album di figurine Panini.    

    

 

Conosciamo un altro ragazzo siriano, Fady, di origine armena, che da qualche tempo lavora come custode in una chiesa cattolica caldea in centro (qui a Mardin si trovano anche chiese di rito apostolico armeno e ortodosso siriaco). Al pari di come campanili e minareti svettano sullo stesso cielo, anche la nostra serata è un perfetto mix di culture, lingue e religioni. 

   
 

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