PILLOLE Giappone

Toilette pubblica nella stazione dei bus di Osaka

La carta igienica si butta nel wc (era dall’Italia che non lo facevamo) 

Nei bagni ci si siede sempre, anche quello della stazione o quelli pubblici delle metro. Sono sempre puliti. 

L’asse del gabinetto è riscaldata ed è forse questo il motivo del punto due. 

Nei bagni “alla turca” invece ci si accuatta al contrario, generalmente con la faccia verso il muro. 

Ovunque si trovano distributori di lattine di bevande freddo (tasto blu) e bevande calde (tasto rosso)
 

Prendere e dare i soldi con due mani, in segno di rispetto

Nei ristoranti l’acqua del rubinetto è gratis 

I cuochi usano un asciugamanino a mo’ di fascia/bandana 

 

Quando si mangiano i ramen, è buona educazione fare molto rumore risucchiandoli. Inoltre, è una tecnica utile per raffreddarli!

Fuori da ristoranti (ramen e pasti veloci) oppure onsen (e alcuni hotel) ci sono delle macchinette dove fare un ticket decidendo e pagando quello che si vuole mangiare. Poi si entra e si consegna il bigliettino. 

Se non sapete leggere il menù, nessun problema. Fuori da ogni ristorante ci sono sempre delle riproduzioni dei piatti molto veritiere! 


 

Nei locali ci sono spesso ceste/scatole per mettere borse giacca etc 

Il sake viene versato in un bicchierino e fatto traboccare nel piattino sottostante. Finito di bere dal bicchiere, si può bere direttamente dal piattino o rovesciarlo nel bicchiere.

Da 7eleven si può prelevare con circuito internazionale. (Non è così semplice trovare bancomat per stranieri)

Fare l’inchino è una cosa molto comune per dire sì, grazie, scusi etc. Anche i cartelli stradali hanno disegnato un omino che si inchina, probabilmente è il nostro “ci scusiamo per il disagio” 

Sulle scale mobili di Tokyo si sta a sinistra, ad Osaka si tiene la destra. 

Le finestre delle case sono scorrevoli. 

Le porte scorrevoli automatiche alle volte hanno un pulsante da schiacciare per farle aprire 

In ascensore, il primo piano è quello che noi chiamiamo piano terra, il secondo è il nostro primo e così via 

Nelle case, molte volte le lampade al soffitto si accendono tirando la corda 

La verdura e la frutta sono vendute al pezzo. E che prezzo! 

Due papaie 6400yen-55€ circa. E pensare che questa foto è stata scattata a Okinawa, ai tropici e in stagione!
 

Se una parola inglese finisce con una consonante, è praticamente impossibile che un giapponese la pronunci senza aggiungere alla fine una “o” e raddoppiando la consonante. (Lot=lotto)

 

Sono inoltre comuni errori nelle insegne: hamburg, restrant e così via 

Sull’autobus si paga quando si scende 

Le biciclette possono circolare sui marciapiedi 

Per agevolare la riuscita del parcheggio – che viene fatta sempre in retromarcia – ci sono dei blocchetti di cemento che stoppano le ruote

Tutti i barbieri hanno all’esterno una “colonna rotante” blu rossa e bianca, come in America

 

A Kagoshima si mangia il pollo crudo 

L’unica cosa che i giapponesi sanno in italiano (senza molte volte sapere che sia italiano) è “Buono buono!” puntando il dito indice sulla guancia, come noi facciamo con i bambini. (non abbiamo mai scoperto il perchè!) 

Di onsen in onsen 

Seiryuusou onsen, prefettura di Kikuchi, Kyushu

Il vero fiore all’occhiello del viaggio in Giappone, nonché sottile linea rossa che ha tracciato il nostro itinerario da nord a sud, sono stati gli onsen. 

Queste sorgenti termali sono sparse per tutto il Paese ed andarci è un’abitudine radicata e popolare, per nulla elitaria. Il prezzo può oscillare dal gratuito per gli onsen più spartani a 1300 yen (10€) per quelli più grandi e ricercati, dotati magari di un rotenburo (vasca all’aperto) con vista panoramica. 

 

L’onsen prevede solitamente un ingresso (dove vengono lasciate le scarpe in appositi armadietti) e due aree separate per uomo e donna all’interno delle quali vi è uno spogliatoio con armadietti e ceste, lavandini, bilancia e asciugacapelli. Da qui si accede all’onsen vero e proprio (l’uso del costume da bagno è assolutamente vietato): entrando ci si munisce di sgabello e scodella e ci va a sedere di fronte a una postazione dotata di rubinetto, doccino e shampoo. Il lavaggio è generalmente molto accurato, ci si strofina energicamente con un asciugamanino – lo stesso che poi viene piegato e appoggiato sulla testa per entrare in acqua e con il quale ci si asciuga prima di rientrare nello spogliatoio – e può prevedere depilazioni con rasoio, lavaggio di denti e tutto ciò che si farebbe a casa propria. La struttura di solito mette a disposizione shampoo e bagnoschiuma, ma generalmente ognuno arriva munito di un cestino di plastica con i propri prodotti.

Classico ingesso all’onsen: in questo caso uomini a sinistra e donne a destra
Lo spogliatoio del Seiryuusou Onsen
 
 

Finito il lavaggio e eliminata ogni traccia di sapone inizia l’immersione nelle più svariate combinazioni di vasche d’acqua a varie temperature, vasche idromassaggio, saune e vasche ghiacciate. Gli onsen più autentici e vecchi però sono un’esperienza totalmente diversa.

Il Takegawara, l’onsen più vecchio di Beppu Onsen (1879) all’interno del quale è possibile fare anche i bagni di sabbia: con indosso un kimono di cotone, si viene ricoperti di sabbia calda per una decina di minuti

Se finite in paesini come Nozawa Onsen o Beppu Onsen, gli onsen non sono altro che un’unica sala dove vi spoglierete prima di sedervi in terra tra un rubinetto di acqua – alle volte fredda- e la vasca di acqua termale. Nati per permettere alla gente senza bagno in casa -cosa tutt’ora non così rara- di lavarsi, offrono un’atmosfera semplice e di condivisione lungi dalla mondanità dei rotenburo più rinomati. 

Piccolo onsen gratuito nel villaggio di Myoban, sulle colline dietro Beppu Onsen, dall’acqua super acida.

A chiudere il rituale dell’esperienza è la sala relax – che non si trova però ovunque – dove distendersi sul tatami e godersi uno dei sonni più riposanti che abbiate mai sperimentato. Spesso e volentieri sono presenti anche poltrone massaggio se non un vero massaggiatore. Avendo viaggiato in inverno e campeggiato ovunque, questi bagni pubblici sono stati la nostra salvezza e coccola quotidiana!

La sala relax di Dogo Onsen, Matsuyama. Per ironia della sorte, questa è stata l’unica volta che non ci hanno fatto dormire. Dogo Onsen è molto famoso e richiama un sacco di turisti. A nostro parere, uno dei peggiori!



Ecco una selezione degli Onsen più belli dove siamo stati:

  • Koikawa Onsen (Moiwa, Hokkaido) dalle acque ferrose e torbide.
  • Goshiki Onsen (Annupuri, Hokkaido) niente fronzoli, con due vasche interne e un rotenburo dalle acque quasi ustionanti.
  • Takegawara Onsen (Beppu Onsen, Kyushu) con un’unica vasca ma dall’atmosfera affascinante.
  • Seiryuusou Onsen (Kikuchi, Kyushu), piccolo e raccolto rotenburo dalle acque oleose.
  • Tamatebako Onsen (Ibusuki, Kyushu) con un rotenburo dalle acque salate e con vista sull’oceano e sul vulcano Kaimondake.

Nb: è vietato scattare fotografie, siamo riusciti a farne qualcuna solo in quelli in cui eravamo soli! 

Non solo sushi e geishe (parte seconda)

Impossibile raccontare per filo e per segno tutto quello che abbiamo vissuto percorrendo i 1400 chilometri che separano Tokyo da Kagoshima, ma ci siamo sentiti in un vortice fortunato. Spostandoci in autostop e campeggiando in qualsiasi fazzoletto d’erba ci si presentasse innanzi – e avendo avuto di conseguenza poche occasioni per impigrirci – abbiamo girovagato con e senza una meta precisa per più di un mese. 

  

Guidati da amici di amici o da persone appena conosciute abbiamo avuto modo di pedalare in una primaverile e magnifica Kyoto, di assistere al festival del fuoco a Nara, di dormire in una stanza tradizionale a casa di una famiglia che ci ha letteralmente raccattato sulla strada e di essere accompagnati dalla stessa  l’indomani sul monte Koyasan (uno dei luoghi più sacri del buddismo giapponese), di perderci nei quartieri più autentici di Osaka, di unirci ad escursioni intorno alla caldera del vulcano Aso e di ammirare salamandre e cavallucci marini con una famiglia prima di scalare il perfetto e conico vulcano Kaimondake.

Kyoto, pagoda del Senso-ji
 
Kyoto, per le vie del centro
     
Kyoto. Prugni in fiore all’interno del giardino del tempio Kitano Tenman-gu
    
  
Prove di una danza tradizionale eseguite al ritmo di battito di mani
  
Tetsuya, nella memorabile serata tra le isakaye di Kyoto
  
Foglie di cavolo con soia e sperma di pesce fritto
  
Kyoto, la foresta di bambù di Arashiyama
      

Nara, tempio buddista Todai-ji
   
Il parco pubblico di Nara (nostra dimora per tre notti), abitato da cervi tutt’altro che timidi.
  
Otaimatsu: questo il nome dell’evento che si tiene sui balconi del Nigatsu-do (un edificio facente parte del tempio Todai-ji). Appena dopo il tramonto vengono portate in sequenza da una parte all’altra del balcone una decina di enormi torce che bruciando provocano una pioggia di braci e zampilli la cui visione, secondo la credenza, porterebbe fortuna per il nuovo anno.
        
Sul balcone del Nigatsu-do, aperto al pubblico dopo aver spento le torce
 

Okunoin, il più grande cimitero di tutto il Giappone, nel complesso monastico sul monte Koyasan
    

Osaka
   
Osaka, con Rie in un piccolo bar che colleziona e appende i reggiseni delle avventrici
   

Il castello di Himeji
Il ginko millenario di Aso
Il vulcano Aso

Il monte Komezuka
   

     
          

Santuario Kamafuta (letteralmente”coperchio di pentola”). Secondo la tradizione è di buon auspicio riuscire a camminare con un coperchio in equilibrio sul capo dal Tori (tipico ingresso dei tempi scintoisti) al Jinjia (il tempio vero e proprio)
    
Kaimondake (924 mt). Chiamato il “piccolo Fuji” per la perfetta forma conica.
   

La vista dalla cima del Kaimondake
 
 

Lola

 

Il ritornello della canzone dei The Kings risuona nelle nostre teste dopo che così, quasi per scherzo, il nostro camper è stato ribattezzato.

Looo-laa L.O.L.A looo-laa 

Tay

Finestrini abbassati nonostante le temperature e si parte. Verso Nord. Più esattamente Rishiri Island. All’inizio non ne sapevamo pronunciare nemmeno il nome – era stato un consiglio dato all’ultimo dall’amico giapponese Ibasan – ma il fascino suscitatoci da questo vulcano in mezzo al mare ci ha spinto a correre giorno e notte lungo una strada costiera spazzata da neve e vento e riparaci per un breve riposo nel porto di Wakkanai in attesa del traghetto.

      

Scott
   

Jake
   
   

“Se il tempo non è dei migliori però ve la sconsiglio” era la seconda parte del suggerimento, ma a noi non era interessato ascoltarla. La sete di avventura era ormai tornata, troppo tardi per dubbi e ripensamenti, mettiamo le pelli e iniziamo a salire. Lo scricchiolio della neve sotto gli sci è l’unico rumore udibile nel primo tratto in mezzo al bosco ovattato, e in fila come formiche colorate risaliamo il morbido pendio ai piedi di svettanti secolari abeti.

     

Colton
  

Pep
 
Bryan

 
Pete
Appena usciamo dal limite del bosco, che più che altrove segna il limite della sopravvivenza, tutto cambia: il vento che soffia senza tregua dalla Siberia – e che lì non riusciva a penetrare – porta con sè nubi dense e veloci e un gelo che attacca le palpebre. 

  
  

   
Ed eccoci lì, in quello che più ci fa sentire vivi, a contemplare la tempesta di neve in arrivo dall’oceano, a godere e ridere guardandoci intorno increduli e presenti come non mai in quell’attimo prima che la tempesta ci inghiottisca.  

Looo-laa L.O.L.A looo-laa 

    
     

Esattamente così siamo stati accolti sull’Asahidake e Tokachidake, ma ogni volta abbiamo voluto sfidare il freddo per poi ritrovarci esausti a fine giornata in quello che rende ancora più unica l’esperienza invernale in Giappone: l’onsen. Qui ci siamo viziati ogni sera, sguazzando nelle pozze di acqua bollente a volte sotto una fitta nevicata, altre ancora contemplando le stelle.

 
    
  

  

Sciare di notte, saltare i paravalanghe o i bordi dei marciapiedi, giocare a carte, cibarsi di snack ad ogni “convenient store”, ridere e ancora ridere. Una settimana indimenticabile.

Looo-laa L.O.L.A looo-laa